Vigilia di Natale
I fari abbaglianti illuminavano i paletti frangenti lungo i bordi di un strada larga e nera di notte senza stelle, sola, con la radio accesa a tutto volume, Gianna correva veloce verso casa con una strana ansia addosso che non sapeva spiegarsi se non con la voglia di arrivare in tempo.
Nel sedile posteriore una serie di pacchetti con carte luccicanti e coccarde argentate parlavano di festa e di regali. La vigilia di Natale era arrivata le vacanze promettevano giornate di riposo e di eccitazione, i bambini con i loro gridi e le loro esigenze avrebbero reso quei giorni come sempre indimenticabili. Canticchiava seguendo il ritmo della musica quando all’improvviso lungo la strada uno strano luccichio attirò la sua attenzione e il suo cuore iniziò a battere per una sorta di agitazione che la prese. Rallentò, poi si fermò. Accanto alla cunetta una bicicletta cromata era rovinata a terra e accanto quasi un mucchio di stracci, un ragazzo svenuto con un taglio sulla fronte che sanguinava. Gianna piena di agitazione scese dalla macchina e si avvicinò al corpo per rendersi conto della situazione, poi con la bottiglietta dell’acqua e un fazzoletto tamponò la ferita e praticò un leggero massaggio al cuore- ohi, ohi disse una voce di ragazzo che rinveniva e apriva gli occhi.
- stai bene, dimmi, dove ti fa male?
- Ohi, rispose quella vocina quasi infantile
- Adesso io tocco le tue gambe, dimmi se ti fanno male
- No, ma cosa è successo?
- Vorrei saperlo da te
- Stavo camminando, forse non ho visto una pietra lungo il bordo della strada
- Dimmi se hai dolore alla testa
- Sento un bruciore sulla fronte, mi fa male l’occhio, non ti vedo
- Guarda se puoi alzarti, ti reggo io
Il ragazzo si mise in piedi, Gianna si meravigliò, era magro e piccolino, poteva avere poco più di 12 anni
- ma tu che ci facevi in giro di notte con la bici sulla strada, sai che è pericoloso?
- No, non lo sapevo. Dovevo andare a trovare i miei amici.
- Dovevano essere davvero importanti questi tuoi amici se ti hanno convinto a metterti sulla strada a quest’ora di notte
- Abitano in campagna vicino al lago
- Ma i tuoi genitori sanno che stavi andando a trovarli?
- No. Loro stavano litigando, e io sono uscito. Non se ne sono accorti. Staranno ancora litigando. Li odio.
- Adesso andiamo al pronto soccorso. Intanto dammi il cellulare, telefoniamo alla tua mamma
- No, non voglio
- Ci parlo io, chiamala
Gianna parlò a telefono con la voce di una donna preoccupata che si mise a piangere quando seppe dell’incidente. Si dettero appuntamento al pronto soccorso dell’ospedale più vicino e poi dopo aver caricato nel portabagagli la bicicletta con le ruote storte , avviò la macchina.
Il ragazzino appoggiò la testa allo schienale e perse i sensi. Gianna spinse il piede sull’acceleratore e corse verso l’ospedale che distava qualche Km, ogni tanto rallentava e manteneva il giovane che inclinava il suo corpo sul fianco sinistro. Finalmente l’insegna luminosa apparve in fondo alla strada, luci azzurrognole roteavano su una autoambulanza e alcuni infermieri indaffarati scaricavano un lettino su cui stava legato un uomo insanguinato. Si fermò davanti all’ambulanza e scendendo affannata si rivolse ad un infermiere dicendo che aveva con sé un giovane ragazzo che aveva raccolto sulla strada dopo un incidente. Presto una barella lo caricò e lo trasportò all’interno nella saletta del pronto soccorso. La porta si chiuse e lei rimase ad aspettare. Da lì a poco un uomo e una donna comparvero ansimanti e tremanti si guardarono intorno, Gianna capì che dovevano essere i genitori di quel ragazzino di cui non conosceva ancora il nome e gli si fece incontro tranquillizzandoli. Disse che la ferita alla testa non era profonda e che il giovane aveva perso i sensi per lo stress e per il dolore che senz’altro provava in quel momento.
Il viso della donna era sbiancato e gli occhi erano bagnati di lacrime, l’uomo , invece, sembrava arrabbiato, si agitava, si metteva le mani tra i capelli radi e con un fazzoletto, ogni piè sospinto, si asciugava il sudore che gli colava sul collo dicendo:
- “Lo sapevo, lo sapevo, di lui non ci si può fidare, scappare così di casa senza dire niente. I ragazzi di oggi sono imprevedibili, e poi Antonio sempre così silenzioso chi lo poteva immaginare”.
- Sta zitto. Non ti accorgi di lui, pensi solo a lamentarti di tutto. Pensi solo a te stesso…
- Non ricominciare, c’è gente…
Gianna ebbe così la prova che la coppia era turbata da un rapporto malato e che tra i due non ci fosse una relazione sana di genitori consapevoli e avvertiti. Continuavano a litigare senza mostrare particolare attenzione allo stato di salute del figlio di cui parlavano rinfacciandosi a vicenda le responsabilità.
Fu in quel momento che Gianna si rese conto di non avere ancora avvisato suo marito di quanto era successo e pensò che quella sera i suoi figli stavano aspettando che lei rientrasse con i regali e i fili e le palline colorate per addobbare il grande albero di natale accanto al camino nel solone. Pensò alla sua famiglia, alla sua bella casa, ai ragazzi che amava con tutta se stessa e le tornarono in mente quei momenti difficili quando anche lei aveva battibeccato con suo marito davanti ai suoi figli, specie il più piccolo Andrea sempre pronto a piagnucolare quando lei alzava la voce. Allora capì che a volte gli adulti inseguono con indifferenza le loro piccole beghe senza pensare che esse diventano macigni nell’animo di un bambino , sensibile ed emotivo, e che a volte, così come era successo per Antonio, tutto poteva rivolgersi in tragedia.
Chiamò casa spiegò cosa era successo e si fece passare i ragazzi a telefono dicendo loro tra le lacrime:”Vi voglio bene!”
Rimase ad aspettare insieme ai genitori di Antonio pensando a quanto tempo ed attenzione dedicasse al suo lavoro, ai suoi interessi e dicendosi di non essere una brava mamma; guardava quella donna che continuava a parlare irritata con il suo uomo e si riconosceva in certi atteggiamenti, ebbe paura di assomigliarle e telefonò di nuovo a suo marito:
- caro dimmi se sono una brava moglie e madre, dimmelo ti prego,
disse piangendo
- ma che succede? Stai bene? Ti sei fatta male? Fatti controllare mi raccomando! Sei depressa per quello che successo. Stai lì non ti muovere, ti raggiungo.
- No, no, aspetto ancora, voglio capire se il ragazzo sta bene.
- Si, ma ci sono i genitori. Puoi venire via. Hai già fatto molto.
- No, resto. Voglio vederlo. E poi non mi fido. A volte anche i genitori sbagliano, lo sai.
- Lo so. Ma sta tranquilla tu sei una brava mamma. E anch’io poi non posso dirmi un cattivo padre…amo i miei figli e non farei mai qualcosa che possa danneggiarli.
- Sei il marito e il padre migliore del mondo, lo so. I nostri figli ci amano.
Disse Gianna asciugandosi gli occhi.
Poi andò a sedersi accanto alla mamma di Antonio, le prese la mano e come se parlasse a se stessa disse:
- i figli sono un dono prezioso, non dobbiamo rovinare per motivi irrilevanti quanto ci è dato la fortuna di avere. Sa che ci sono coppie che farebbero di tutto per provare la gioia di stringere tra le braccia un figlio proprio? E noi con i nostri comportamenti, a volte futili, rischiamo di perderli
- ho questo figlio solo, diceva la donna, … non me lo merito
- non c’è madre che non meriti un figlio, se lo sa rispettare nella sua crescita
Gianna ritrovava quelle parole che anche lei voleva sentirsi dire, quello che le era successo quella sera l’aveva costretta a riflettere sulla vita e sul suo essere genitrice.
Intanto anche il padre del ragazzino si era acquietato, ormai si mostrava ansioso, stazionava dietro la porta in cui il ragazzo era ricoverato e chiedeva a se stesso e agli infermieri che entravano e uscivano come stesse suo figlio, perché lui aveva il diritto di sapere … era il padre, diceva tuonando e con orgoglio.
Finalmente la porta si aprì, sulla barella apparve il piccolo Antonio con una grossa benda sulla fronte con un sorriso stentato sulla bocca; il dottore che lo aveva curato, accanto a lui, gli stringeva la mano e guardandosi attorno chiese dei genitori che si precipitarono dicendo: “Siamo noi, siamo noi!” Antonio fece una smorfia e rivolse il suo sguardo a Gianna come se chiedesse aiuto. Gianna si avvicinò e disse:
- guardali sono molto preoccupati per te, li hai fatti soffrire. Loro ti amano. Dai mettiti su, a casa ti aspetta l’albero di natale da montare.
- Guarda cosa ti ha comprato papà!
Gianna tirò fuori da una grossa busta un mazzo di fili d’argento, alcune lucette e palline colorate che nel frattempo aveva preso dalla sua macchina.
Antonio si illuminò, guardò suo padre e sua madre e allungò le braccia per abbracciarli. Finalmente il Natale era arrivato anche per lui.
giovanna casapollo