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Prefazione di Efisio Loi

 

 

 

Come si risponde alla poesia?

Con la poesia, ovvio. Che domande!

Uhm.

Non con il silenzio?

Il silenzio inteso come poesia?

Non ci avevo pensato … il silenzio, il silenzio … il silenzio?

No, non è possibile. Tutti sarebbero poeti, quando si tacesse.

Perché?

Il poeta quando tace, non lo è più?

Sono convinto che sia il silenzio a prenderlo per mano.

Hai mai visto un poeta declamare i suoi versi quando la poesia lo assale?

Sì, i ‘cantadores’, sul palco, per la festa del patrono. Anche se sono una specie in via di estinzione.

Certo, oppure tre, quattro paesani, in ‘su tzilleri’, sotto i fumi dell’alcol.

 

L’idea, come vedete, era di fare una prefazione sotto forma di dialogo fra il prefatore e sé stesso. Arrivato a ‘is cantadoris’ e a ‘su tzilleri’, mi accorgo di quanto strida l’immagine degli improvvisatori e tanto più della bettola, con le poesia di Giovanna e il dialogo rimane lì, appeso al chiodo in attesa di tempi migliori.

Quel silenzio però,  non vuole starsene appeso, chiede di ‘parlare’. D’altra parte “Nelle grige/giornate di dolore/lo spazio senza tempo /dell’universo/fascia di silenzio/il mondo”. Non è nel silenzio che “un pezzettino dimenticato di vita” assieme al “ passato si affaccia sul presente”?

 

Tutti lo sappiamo e in quel silenzio diventiamo poeti. Ognuno a suo modo. Chi avvolgendosi in quel silenzio, chi narrando di “una bocca rossa di fanciulla” alla sua prima comunione. Quanti personaggi “sfilano sulla passerella immaginaria/del ricordo”. Talvolta “con passo leggero”, i pensieri si affollano e ci vengono incontro, talaltra, con passo chiodato.

 

Nel leggere le poesie di Giovanna si ha la sensazione di un sentimento particolare, che non è tristezza e nemmeno rimpianto,  ‘amargura’ dicono da qualche parte in Sardegna. Anche quando “l’allegra luce del mattino/investe …”, i “sorrisi” sono “bloccati” , “gli sguardi bassi e intristiti/rivelano emozioni sfiorite”. Ogni poco, un antico spirito sembra avere un sussulto “contro l’impostura del mondo” e lo scintillio dei “fuochi d’artificio di guerre mai finite” mentre “intorno bambini sacrificati … innalzano al Dio dei cieli infiniti/preghiere di pace”ma “nella stufa arde stancamente una brace tardiva”.

 

Anche quando “la tenera gioventù” riappare e “trepidante mi appendo alle tue mani”, è “ancora un incontro bagnato” e “mi illudo di averti trovato”. Questo è un mondo che ha smesso di piacerle, eppure “giovani gioviali/mi fermano davanti alla vetrina agghindata/la voglia di comprare mi prende/non sento più la solitudine … profumi di caffè e di Chanel escono dalle porte illuminate/attorno ai tavolini di ferro battuto moine rubate”. Non le piace e “nel cielo la luna arrogante/assiste impietosa allo spettacolo futile/di un mondo evanescente”. Di contro “l’autorità di uomini del passato/sfilavano sulla passerella immaginaria/del ricordo”

 

Capita a tutti di affacciarsi “al davanzale della vita” e a un certo punto vedere “scorrere veloci” i nostri “giorni finiti”. “Che ne è stato”, che ne è stato? Una folla da commedia corre verso l’inevitabile scadenza”. Però, pur soli, “con i ricordi sbiaditi di una vita che fugge”, disegniamo “all’infinito lo scarabeo della sopravvivenza”

 

Sentite questa, “Appesa al volante” : è tutto un leggero tintinnio di cembali e triangoli, “una meravigliosa leggerezza /mi invade l’animo”. Da “sotto la campana del cielo/libera da elementi terreni” dove si bevono “gocce di eternità”, quasi a tradimento, ti strappa ‘sa tumborra’ cupa dell’ultimo verso, “Accanto a me nessuno”. Oppure  “Farfalle nere/ con le ali di velluto/ …/ una manciata di sogni/ dimenticati”. Ma anche quest’altra, inattesa, mani che intrecciano trame credute spezzate, “sulla soglia di una casa/ di campagna/ … /mani indipendenti/  celebrano la festa dei colori/ canestri di asfodelo/ricolmi di ricordi/ impilati in una colonna precaria/ fanno compagnia al cielo”. Ritorna presto “un universo vuoto di illusioni” e “un passato che rinnego” e la sua vita“solitaria” che “annaspa in un vortice di parole non dette”.

Di fronte a una mi sono ritratto in atteggiamento di difesa, non capivo, mi sfuggiva nel contesto: “come Psiche nel palazzo incantato/veglio /l’amore divino/ tra le lenzuola calde di libidine/ si placa /l’anima inquieta”. Finché tutto mi è apparso chiaro: ho guardato in me stesso.

 

Ci tiene lì, il racconto di Giovanna, con i suoi ricordi che spiazzano e che sono anche i nostri, a sorprenderci di un mondo che sfugge al nostro metro. Però,  con lei “come un’incantatrice” danziamo alla luna. E “domani” andremo via salendo “sulla cometa ballerina/ assieme a te amore mio/ prima che l’indifferenza ci uccida”.

Nella bacheca impolverata/ dei miei sogni/ uno spillo arrugginito/ punta/ appendici palpitanti di lepidotteri”.

 

Ho fatto anche io qualcosa del genere in questa non so quanto felice prefazione. Invece, però, di ‘appuntare’ per intero le farfalle di Giovanna, le ho ridotte a brandelli e, con un copia e incolla, le ho messe in questa paginette, alla rinfusa.

Saranno i lettori a fare giustizia e leggendo le poesie un magico specchio li trasporterà in un mondo misterioso, dentro sé stessi.

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