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L’abc della comunicazione e del linguaggio pubblicitario

L’abc della comunicazione e del linguaggio pubblicitario

A cura di Marta Fais – martafais@yahoo.it – www.linkedin.com/in/martafais

 

Sommario

1) I parte – Comunicazione base

1. Introduzione.

Cosa vuol dire comunicare? Cos’è la comunicazione?

Alcune definizioni: Bernstein, vocabolario Treccani

2. Come comunichiamo? Comunicazione verbale, paraverbale e non verbale

3. Gli assiomi della comunicazione

4. Livelli della comunicazione: sintassi, semantica, pragmatica

5. Come avviene la comunicazione: la trasmissione del messaggio

– Modello lineare: come funziona, i limiti

– Modello di Shannon & Weaver: come funziona, pro e contro

– Gli elementi del processo comunicativo: mittente – messaggio – ricevente

– Modello di Jakobson: come funziona, pro e contro

- Gli elementi del processo comunicativo: codice – canale

– Modello seduttivo di Volli: come funziona, pro e contro

6. La comunicazione persuasiva

2) La comunicazione persuasiva e pubblicitaria

1. Cos’è la pubblicità

2. Obiettivi e azioni

- scopi: creare il bisogno nel consumatore, promuovere consumi e comportamenti

- obiettivi: chi, cosa, come (canale), quando, quanto

- azioni: individuare il target, il contesto, il messaggio

3. I mezzi della comunicazione pubblicitaria: stampa, radio, tv, web, cartellonistica

4. Il messaggio pubblicitario

Come è composto il messaggio pubblicitario: headline, slogan, pay off, immagine…

4.1 l’importanza della semantica nella pubblicità: le figure retoriche più ricorrenti

4.2. l’importanza della pragmatica nella pubblicità: stereotipi, l’immaginario collettivo,

5. Piccolo dizionario pubblicitario: A come Advertising, B come base-line, C come consumatore…

Parte I – l’abc della comunicazione

1. Introduzione

La comunicazione è un processo che consiste nello scambio di messaggi. La comunicazione riguarda sia l’ambito quotidiano che quello pubblicitario e settoriale delle relazioni pubbliche. Per questo motivo sono diverse e numerose le discipline che studiano la comunicazione, ognuna secondo un proprio punto di vista e secondo una propria finalità.

Alcune definizioni del verbo “comunicare”:

La comunicazione è il processo tramite il quale l’informazione viene scambiata tra individui attraverso un sistema comune di segnali, segni o comportamenti”. Bernstein

Il vocabolario Treccani la definisce in diversi modi:

1 a) Rendere comune, far conoscere, far sapere; per lo più di cose non materiali: c. pensieri, idee, sentimenti; c. la propria scienza;

b) Per estensione, dire qualcosa, confidare: c. una notizia, un segreto;

2 a) Essere in relazione verbale o scritta con qualcuno

Queste definizioni mettono in evidenza gli elementi principali coinvolti nel processo della comunicazione: gli individui, lo scambio di informazioni (messaggio), sistema comune di segnali o segni (linguaggio).

2. Come comunichiamo?

Come fanno ad esempio, gli animali a comunicare con noi? Come facciamo a comunicare con persone che non parlano la nostra lingua?

In realtà noi comunichiamo con le parole (comunicazione verbale) soltanto per il 7%. La nostra comunicazione è costituita dalla comunicazione non verbale per il 55% (movimenti del corpo, gesti, posture, mimica facciale) e per il 38% comunichiamo con la comunicazione paralinguistica (tono, volume e inflessione della voce).

La comunicazione non verbale è il mezzo di comunicazione più antico dell’uomo, sostiene e completa la comunicazione verbale, è più spontanea ed è un linguaggio universale (se ci capita di vedere una persona ridere o piangere lo capiremmo senza necessariamente parlare la sua lingua). La comunicazione non verbale coinvolge il linguaggio corporeo (la postura, le mani), la cinesica, che studia la mimica facciale come linguaggio universale, la prossemica, che studia il comportamento del corpo nello spazio e le distanze fisiche che le persone assumono in maniera naturale con gli altri.

Se comunichiamo anche con i gesti e con le espressioni del viso, significa che NON SI Può NON COMUNICARE.

3. Gli assiomi della comunicazione

Sono 5 e furono definiti da Paul Watzlawick e i colleghi della Scuola di Palo Alto (California), per identificare alcune proprietà della comunicazione

1° assioma Non si può non comunicare

Qualsiasi interazione umana è una forma di comunicazione. Qualunque atteggiamento assunto da un individuo,  diventa immediatamente portatore di significato per gli altri:

“… non è possibile non avere un comportamento … ne consegue che non si può non comunicare. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro.”1

Persino un passeggero seduto in autobus con le braccia incrociate, con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il finestrino può comunicare che non ha voglia di parlare e gli altri passeggeri capiscono le sue intenzioni.

2° assioma I messaggi possiedono un aspetto di contenuto ed uno di relazione, ovvero il contenuto classifica la relazione

I messaggi scambiati tra gli esseri umani non sono solo trasmissione di informazioni, ma ci fanno anche capire la relazione fra le persone: se hanno confidenza, se sono estranei…

Ad esempio:

E’ importante togliere la frizione gradatamente e dolcemente”

Togli di colpo la frizione, rovinerai la trasmissione in un momento”

Sono due frasi con lo stesso contenuto, ma definiscono e mostrano relazioni molto diverse fra le persone.

 

3° assioma La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti

La comunicazione non è una sequenza ininterrotta di scambi: i parlanti introducono la “punteggiatura della sequenza di eventi”, che serve ad organizzare gli eventi comportamentali. In ogni atto di comunicazione c’è quindi un turno: a una affermazione segue una risposta, e così via.

 

4° assioma gli esseri umani hanno la capacità di comunicare sia in modo verbale (digitale) sia non verbale (analogicamente)

Verbale – Digitale: è la comunicazione fatta di parole o numeri. È strettamente legata alle informazioni trasmesse. Esempi di mezzi di comunicazione digitali sono: i libri, i telegiornali, il fax, il compact disc, l’orologio a cristalli liquidi

Non verbale – analogica: si ha quando si usano segni che rappresentano ciò che diciamo. Il rapporto fra oggetto e segno è dettato dalla somiglianza. Esempi di mezzi di comunicazione analogici sono: l’orologio a lancette, i disegni, i gesti, lo sguardo, le immagini

 

5° assioma Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.

Le relazioni simmetriche sono scambi fra persone che sono sullo stesso piano, come avviene, per esempio, tra fratelli, colleghi di pari livello… Nelle relazioni complementari si hanno, invece, due diverse posizioni: uno quella superiore, l’altro inferiore (medico-paziente, capo-dipendente, madre-figlio).

4. I livelli della comunicazione.

Paul Watzlawick e i colleghi della scuola di Palo Alto (California) nel saggio Pragmatica della comunicazione umana (1971), hanno individuato i tre livelli della comunicazione umana:

  1. Sintassi: studia i legami fra gli elementi linguistici;
  2. Semantica: studia il significato delle parole e degli insiemi delle parole (frasi);
  3. Pragmatica: studia il linguaggio in base al comportamento del parlante.

1. La sintassi studia le regole che stabiliscono il posto delle parole nella frase. Riguarda l’ordine e la sequenza delle informazioni: le parti del discorso, sostantivo, verbo, aggettivo…

2. La semantica si occupa del significato delle parole. Uno degli aspetti fondamentali del livello semantico è il codice, condiviso dai parlanti. Il codice rappresenta una convenzione di carattere socio-culturale

3. La pragmatica studia il rapporto fra il linguaggio e il comportamento delle persone. Si occupa degli effetti della comunicazione sui parlanti, cioè dell’influenza che questa esercita sul loro comportamento e non tanto sulle loro conoscenze. Il contesto temporale e sociale, il tono di voce, le intenzioni, le credenze e altri stati mentali, l’agire e il recepire l’agire altrui: questi permettono all’utente la giusta interpretazione del messaggio. Grazie alla pragmatica capiamo l’ironia nei discorsi; le metafore, le informazioni implicite. Esempi:

fa caldo” (“apri la finestra”)

hai da accendere?” (“mi presteresti l’accendino?”)

adesso ti mangio” (se gioco con un bambino e fingo di essere un mostro, il bambino e gli altri capiscono che si tratta di un gioco)

oggi insegno qui” (“qui” ha senso solo se chi ascolta sa dove sia; “oggi” ha senso quando chi parla ha enunciato le parole)

 

5. La trasmissione del messaggio: i modelli di comunicazione

Come avviene il processo di comunicazione? Come vengono scambiate le informazioni? Sono stati definiti diversi modelli da studiosi provenienti da diversi ambiti disciplinari (linguista, semiologia, psicologia, filosofia) per capire gli elementi coinvolti nello scambio comunicativo e il meccanismo del processo.

 

Modello lineare

Il modello lineare è molto semplice: è presente un mittente che inizia la comunicazione e trasmette il messaggio a un destinatario che lo riceve. Il messaggio è l’informazione che il mittente vuole orientare verso il destinatario.

Questo modello ha parecchi limiti: la trasmissione è univoca e unidirezionale, il ricevente è passivo, non tiene in considerazione altri fattori.

 

Modello di Shannon & Weaver

È un tipo di modello lineare detto “matematico” perché studiato da due matematici statunitensi che avevano l’obiettivo di migliorare l’efficienza della trasmissione di segnali attraverso apparati tecnici.

Questo modello introduce il concetto di rumore: elemento di ostacolo al processo comunicativo, un disturbo lungo il canale che può danneggiare il segnale. Questo modello può essere applicato anche alla comunicazione linguistica perché simula una telefonata. Ha un grosso limite: non c’è feedback, ovvero non si tiene in considerazione la risposta del ricevente.

 

Modello di Jakobson

In questo modello il messaggio è l’insieme di informazioni dotate di una certa struttura, organizzata secondo le regole di un codice. Il codice è il linguaggio, un insieme di frasi, suoni, gesti, espressioni, immagini. Il codice deve essere condiviso dal mittente e dal ricevente. Il canale è il mezzo usato per trasmettere il messaggio. Può essere un apparato fisico, un apparecchio o una connessione psicologica.

Contesto: l’insieme delle condizioni in cui avviene la comunicazione. Può essere fisico, culturale, politico.

Limiti: Non considera il rumore, né eventuali deformazioni del messaggio, né il feedback

Le 6 funzioni della comunicazione in Jakobson

- Emotiva o espressiva: è orientata all’emittente che esterna un’emozione.

- Fatica o di contatto: orientata al canale, stabilisce la trasmissione della comunicazione, la verifica e la mantiene. “Pronto?” e le formule rituali “Ho capito” – “sono d’accordo”.

- Poetica o estetica: orientata al messaggio. Produce un messaggio stilisticamente ricercato ed esteticamente efficace. Poesia, filastrocche e pubblicità.

- Conativa o persuasiva: orientata al destinatario. Ha lo scopo di convincere, ordinare, consigliare, proibire.

- Referenziale o informativa o denotativa: orientata al prodotto di cui si parla, si trasmettono informazioni su di esso. (ad esempio la pubblicità e i libretti di istruzione).

- Metalinguistica: orientata al codice. Si parla della comunicazione stessa. Esempi: lezioni di grammatica, i vocabolari.

 

Modello interattivo/circolare

Viene introdotto il feedback: il ricevente non è passivo, ma può rispondere e interagire con l’emittente. In questo modo diventa anch’esso un emittente.

 

Modello seduttivo di Volli

Deriva da Jakobson, usato nella pubblicità e nella moda.

Il messaggio deve modificare o indurre un comportamento all’acquisto (funzione conativa – destinatario)

Per indurre all’acquisto deve creare consenso con uno stile proprio ed emozionale (funzione emotiva o espressiva – mittente). Il messaggio del mittente deve essere coerente con gli stili proposti (funzione poetica – del codice). Oltre alla pubblicità sono proposte altre manifestazioni collaterali, quali eventi, concorsi a premi, ecc. (funzione fatica – canale).

La pubblicità viene definita come “strumento estetico ed ideologico di massa, serbatoio a cui attingiamo il nostro modo di guardare le cose, di scoprire il bello, di divertirci e sognare“. Il discorso pubblicitario è finalizzato ad una valorizzazione positiva del consumo. Sono infatti il mondo dell’acquisto e del consumo a venir propagandati con la pubblicità.

 

6. la comunicazione persuasiva

Per essere efficace:

Deve essere chiara

Deve suscitare empatia (farci mettere nei panni degli altri)

Deve creare consenso con uno stile proprio ed emozionale

Serve alla pubblicità per:

modificare l’opinione dei consumatori su un prodotto o un servizio facendogli credere che possa rendere migliore la sua vita

Il messaggio deve indurre all’acquisto

 

Parte II – l’abc del linguaggio pubblicitario

 

La pubblicità deve cercare di affascinare i consumatori, giocando soprattutto sulle capacità d’impatto emozionale e diventando così tutt’uno con la seduzione

Jean Baudrillard, Il sogno di una merce, 1987

 

1. Cos’è la pubblicità.

La pubblicità è una forma di comunicazione a pagamento, che deve coinvolgere il consumatore affascinandolo, o divertendolo, o incuriosendolo. Deve, insomma, catturare la sua attenzione per promuovere comportamenti e invogliarlo ad acquistare il bene o il servizio promosso.

 

2. Obiettivi e azioni.

L’obiettivo della pubblicità è far conoscere un nuovo prodotto/servizio, fidelizzare clienti promuovendo atteggiamenti e comportamenti per spingere le persone a desiderare quel bene o servizio fino a comprarlo tramite la persuasione.

In che modo? La pubblicità non crea nuovi valori ma si aggancia a valori già esistenti amplificandoli o inserendoli in nuovi contesti per raccontare storie e prodotti nuovi. Utilizza simboli e valori già esistenti per consolidare il prodotto nell’immaginario collettivo.

Come si pianifica la pubblicità? Il piano pubblicitario definisce e stabilisce in anticipo tutti gli obiettivi da raggiungere e le azioni da compiere

Chi: individuazione del pubblico. Tramite il target group si individua il pubblico per età, sesso, religione, origine…

Cosa: benefit, concetti. Si definisce cosa si vuole comunicare e perché le persone dovrebbero comprare il prodotto che si vuole promuovere. Si pianifica una strategia creativa e un messaggio pubblicitario efficace

Come: si scelgono i mezzi più adatti in base al target, ai tempi e al territorio (Tv, radio, web, stampa, cartelloni…)

Quando: si stabiliscono i tempi

Quanto: il badget da investire nella campagna pubblicitaria.

 

3. I mezzi della pubblicità

Spot radio. Dura circa 30 secondi, è costituito di solo audio, è accattivante, usa toni di voce squillanti o marcati per attirare l’attenzione nei primi 3 secondi.

Spot tv. Dura circa 30 secondi, è composto da audio (voce), immagine (in movimento), musica (suoni/rumori). Spesso è rafforzato da un testimonial o da un jingle che aiutano a memorizzarlo.

Inserzioni su giornali/riviste. È costituito solo immagine fissa, per cui è fondamentale l’impatto visivo: deve catturare l’attenzione del lettore solo con l’immagine e la grafica, senza l’ausilio di musica e suoni.

Cartellonistica. Si trova nei cartelloni in strada, nei taxi e negli autobus, negli eventi, talvolta nell’arredo urbano. È pianificabile nei tempi e nel territorio (dislocazione in punti strategici). Deve essere immediato perché l’utente lo vede per qualche secondo (pensiamo agli automobilisti in strada) e non consente quindi di spiegare dettagli.

Web. Banner, pop-up, video, inserzioni tramite ricerca di parole chiave. Devono attirare l’attenzione dell’utente e dirottarlo verso altre pagine web.

 

4. Il messaggio pubblicitario.

Il messaggio pubblicitario è composto, quindi da

- testo (scritto o parlato);

- immagine (fissa o in movimento);

- suoni (tv, radio, web).

Nel dettaglio, è composto da diversi elementi. Non sempre sono tutti presenti contemporaneamente, e a volte possono coincidere fra loro.

Headline: titolo (breve frase) che apre la pubblicità. Può coincidere con lo slogan o con il nome del prodotto.

Slogan: breve frase che esprime il concetto della pubblicità. Facile da ricordare (esempi: “O così o pomì”, “Altissima, purissima, Levissima”).

Visual: immagine della pubblicità

Body-copy: è il testo del messaggio che informa e/o descrive

Pay-off: è la parte conclusiva di un annuncio pubblicitario. Ha il compito di riassumere la pubblicità e chiamare all’azione.

Packshot: immagine del prodotto confezionato

Logo: logo, marchio dell’azienda

Le tecniche che si utilizzano nelle pubblicità sono diventate con il tempo sempre più affinate, adatte ad un pubblico sempre più diffidente e accorto. Linguaggio creativo, innovativo e accattivante. Frasi brevi, concise e chiare. Sono utilizzati giochi di parole, cliché, ritmi, rime e figure retoriche molto più di quanto non immaginiamo. Sono molto ricorrenti anche i doppi sensi e gli stereotipi culturali.

- Le allitterazioni, le assonanze, le rime creano suoni con le parole:

Ava come lava!”

- Giochi di parole

chicchirìcchi”

indica sia il verso del gallo, simbolo della marca di riso pubblicizzata, sia la qualità dei chicchi del riso stesso

- Cliché sono espressioni ricorrenti nel linguaggio pubblicitario come “a prova di”, “a portata di”, “piccolo anticipo”. Sono cliché anche le indicazioni tecniche lette velocemente alla fine dello spot:

Il servizio è a pagamento”, “Il servizio è attivo dalle 9.00 alle 18.00 dal lunedì al venerdì”

 

4.1. le figure retoriche.

- La presupposizione. È una strategia argomentativa con la quale si fa passare un’informazione poco o per nulla dimostrabile come se fosse oggettiva. È una delle strategie persuasive più diffuse.

Esempio:

Aperol Soda da oggi è più grande del 25% e il suo gusto fresco e frizzante dura ancora più a lungo”

 

- La metafora. Trasferisce il significato di una parola ad un’altra. È una comparazione abbreviata.

Esempio: “Metti un tigre nel motore

la parola tigre attribuisce al carburante il significato di forza, potenza e velocità proprie della tigre

- La metonimia. Associa due significati differenti secondo un rapporto di causa effetto, contenente-contenuto o autore per l’opera.

Esempi:

leggere Orazio” (le opere scritte da Orazio) autore-opera

bere un bicchiere” (un bicchiere d’acqua) contenente-contenuto

vivere del proprio lavoro” (di ciò che si guadagna) causa-effetto

- La sineddoche. Associa due realtà differenti ma dipendenti o contigue logicamente o fisicamente, sostituendo l’una all’altra. La relazione tra i due termini coinvolge aspetti quantitativi, cioè:

- parte-tutto “una vela” per la barca

- singolare-plurale “lo straniero” per gli stranieri

- genere-specie “i mortali” per gli uomini

- materia prima-oggetto prodotto “un bronzo” per una scultura in bronzo

- L’ossimoro. Figura retorica che consiste nell’unione sintattica di due termini contraddittori, in modo tale che si riferiscano a una medesima entità.

Esempio:“Eraser Max, la penna che cancella”

- La sinestesia. Associa in un’unica immagine due parole riferite a sfere sensoriali diverse, come l’udito e il tatto, l’olfatto e il gusto, la vista e il tatto.

Esempi: profumo dolce, il lato morbido della grappa

- L’onomatopea. Parola che riproduce acusticamente con l’imitazione fonetica il suono o il rumore che si vuole suggerire.

Esempio: “brrr … Brancamenta”

- L’iperbole. Figura retorica che esagera un concetto per eccesso o per difetto

Esempi:“è un secolo che aspetto!”, “Più bianco non si può”

- L’antitesi. Accostamento di parole o di concetti contrapposti, che acquistano maggior rilievo se posti vicini.

Esempio: “è nato oggi il brodo con il sapore di ieri ”

- Doppi sensi. Legati al nome del prodotto, innescano un doppio senso nel significato da cogliere

Esempio: “che uomo sei se non hai Malizia?”

 

4.2. Gli stereotipi.

Gli stereotipi sono la generalizzazione di alcune categorie di persone o di oggetti e sono  largamente utilizzati in pubblicità. Gli stereotipi e i pregiudizi stereotipici sono fortemente radicati nel nostro immaginario collettivo e quindi sono molto persuasivi. Con gli stereotipi si possono descrivere con pochi tratti una situazione, una persona o addirittura una nazione.

La pubblicità propone sia stereotipi di ruolo, come la famiglia felice, la casalinga perfetta, sia stereotipi di genere (differenza uomo-donna), mostrando la donna cristallizzata in un ruolo maschilista e standardizzato: la super mamma, la femmina alfa o donna manager, la donna seduttrice, l’uomo manager.

A cosa servono gli stereotipi e come agiscono nella nostra mente? Riducono la complessità e seplificano la realtà da rappresentare, servono a creare intrattenimento, persuasione e attirano la nostra attenzione. Ma soprattutto, lo stereotipo mostra il modello ideale di assoluta perfezione verso il quale tendere

 

5. Piccolo glossario – le prime parole

Advertising: termine inglese per “pubblicità”

Base-line: ciò che identifica il prodotto negli anni (ad es. Dove c’è Barilla c’è casa). A volte coincide col pay-off o è il “vecchio” slogan di successo

Brand: termine inglese per “azienda”. Vedi brand image o brand reputation

Consumatore: è il consumatore ed è il destinatario della pubblicità

Gadget: oggetto in regalo per gratificare il consumatore

Jingle: breve canzone o ritornello musicale che parla del prodotto e viene facilmente memorizzato

Marketing: ricerca, indagine di mercato per conoscere le tendenze del pubblico; l’organizzazione di vendita di beni e servizi di un’azienda

Naming: ramo del marketing che studia la scelta dei nomi dei prodotti, dei

servizi e delle aziende

Portfolio: cartella in cui sono raccolti i materiali che illustrano una campagna promozionale

Testimonial: personaggio famoso che rappresenta la marca o il prodotto e ne garantisce la bontà. Crea un senso di familiarità associato al prodotto.

Visual: parte visiva dell’annuncio

1 Paul Watzlawick, J.H Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, casa editrice Astrolabio, 1971

 

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