Un paese sfinito

 

Con la caduta di Berlusconi si chiude l’era in cui a governare è stata  la pancia degli italiani e non la testa. Che cos’era se non un richiamo continuo agli istinti viscerali quel parlare di libertà non in un senso patriottico, ma nel senso che giustifica  tutti i comportamenti che richiamano l’egoismo individualistico.

Che cos’era, se non egoismo, trincerare dietro una questione di privacy quella sua fascinazione per il mondo femminile specie giovane e avvenente di cui si circondava  senza riservatezza e discrezione?

Certo attribuire ai vizi del cavaliere e alla sua filosofia del bunga bunga i malanni della nostra economia, il crollo nei mercati, la perdita di affidabilità e fiducia nelle nostra politica economica potrebbe sembrare azzardato, ma è innegabile che il tam tam che la stampa straniera faceva sul nostro presidente lenone, ha contribuito decisamente a far crollare la fiducia in un paese che appariva non governato nei suoi nodi fondamentali.

Il segno che questo possa essere considerato verosimile ce lo ha dato il brusco cambiamento sia dei mercati che dell’establishment politico europeo e mondiale all’annuncio che l’Italia si era liberata del suo chiacchierato presidente passando il testimone ad una persona conosciuta universalmente come seria, qualificata e competente.

Prima ancora che il nuovo governo si sia messo in moto, un’atmosfera di sobrietà si è diffusa nelle stanze del potere e tra i mezzi di comunicazione che presentano il nuovo leader come un signore che si propone come estintore di furori ideologici, che si accinge a rinfrancare un paese sfinito, finalmente privo di nipoti di Mubarak, igieniste dentali dalle carriere fulminanti e consiglieri ambigui e misteriosi.

Naturalmente non pretendiamo che quasi un ventennio di rapporti avvelenati tra partiti e coalizioni si risolvano in breve in comportamenti idillici e solidali, ma augurarsi che a governare sia d’ora in poi la parte migliore dei nostri politici cioè la testa, questo si.

giovanna casapollo